La voce delle scimmie

La voce delle scimmie rimbomba, risuona
non giunge da lontano, sospinta dal vento,
esplode improvvisa. Dilania i giorni di sale,
stride e frantuma il cristallo dell’orecchio.

È gialla sfrontata, come la luce artificiale che abbaglia.
È rossa accecata, come la passione che pulsa e gonfia le vene.
È viola cupa, come la malinconia che langue nello stomaco.
Non ha colore, come il dolore denso che grava sul cuore. E lo schiaccia.

La voce delle scimmie è il memento della malattia che non sana
l’ossessione di ciò che non si dimentica
l’incubo che rompe il sonno leggero della notte.

La voce delle scimmie è la rabbia trattenuta,
la parola non detta,
la carezza frenata.
Ritorna con violenza a punire l’ignavia.

E di tutte le punizioni è la più crudele.
Di tutte le verità, la più ineffabile.
Di tutte le porte, quella che non si riesce a chiudere.

È il silenzio urlato della fiducia violata: non ha pace.


Oggi va così. Non si cucina. Si ricorda.

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